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Emilia Romagna: a Fognano l'Hortus Conclusus dell'Istituto Emiliani


A Fognano in provincia di Ravenna tra le colline della Vena del Gesso Romagnola, sull'Appennino tosco romagnolo, al confine con la Toscana, c'è un grande Istituto tenuto dalle Suore Domenicane, l'Istituto Emiliani, posto alla base di colline coltivate a viti e ulivi, che fa da corona al borgo di Fognano nel Comune di Brisighella, da cui dista 6 km ed è costituito da un edificio di 14.500 Mq. 


Delimitato dal muro perimetrale confinante con la ferrovia Firenze-Faenza, l’hortus conclusus, di 3 ettari, coltivato con tutto ciò che serve alla sussistenza a km 0 alla mensa dell'istituto.


Guarda il video (qui sopra) con gli Acquarelli dedicati all'Hortus Conclusus di Fognano e se ti interessa acquistarne qualcunoclicca sul logo sottostante

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L'hortus conclusus in latino, traducibile in italiano come "giardino recintato", è la forma tipica di giardino medievale, legato soprattutto a monasteri e conventi.

Durante un paio di residenze di alcuni giorni, estive ed autunnali, ho potuto documentare i ritmi stagionali delle colture.

Fiori e aromi, similmente ai giardini arabi, tesi alla ricerca di una serenità in grado di riprodurre il paradiso promesso nell'Aldilà. 
I 5 sensi appagati: la vista dai colori, l'olfatto dai profumi delle essenze in fiore, il gusto dai frutti succosi, il tatto dalla freschezza delle foglie mosse dall'alitare del vento e l'udito dal cinguettio degli uccelli. 
Il poeta Ibn Básrûn descrive la reggia palermitana di Ruggero II, il primo re di Sicilia: «Ecco i giardini, cui la vegetazione riveste di vaghissimi palii, / Ricoprendo il suolo olezzante con drappi di seta del Sind! / [...] Vedi gli alberi carichi delle frutta più squisite; / Ascolta gli augelli che a lor costume cianciano a gara dall'alba al tramonto!»

Infatti, nell'hortus conclusus dell'Istituto Emiliani c'è tutto quello che può trovarsi e prodursi in un podere; una campagna bonsai in cui tutto è più limitato ed ordinato in maniera armoniosa: il vigneto, l'uliveto, gli alberi da frutto, a ridosso del muro di cinta l'angolo dei melograni e, al centro, la casetta a due piani, che funge da deposito degli attrezzi, ricovero per il trattore, e nel soppalco, sotto una fila di trecce d'aglio, le zucche.

In ogni stagione si è immersi in un'atmosfera di serenità, ci si sente vicini alla creazione, in pace con se stessi; aggirandomi meditabondo in ozio creativo, contemplando la natura, ammirando il paesaggio circostante riprodotto in miniatura all'interno del recinto, facilmente mi lascio andare a pause estetiche estatiche.

Nell'orto la figura centrale è l'anziano contadinosempre presente ed indaffarato. Ora sul trattore, ora a spingere il motocoltivatore: a raccogliere l'insalata o le patate, a fare il vino e riciclare le vinacce per concimare il campo.

Tornando alla notevole influenza esercitata dagli arabi, oltre alla loro cultura, esportavano nuove varietà di cedri, aranci e limoni e le raffinate tecniche di irrigazione imparate dai babilonesi e dagli egiziani. 
Il loro gusto nel piantumare e crescere ulivi, melograni, mandorli, albicocchi, peri, e numerose varietà di agrumi si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo.
Il domenicano Leonardo Alberti che visitò Palermo nel 1526 rimase affascinato dai numerosi giardini arabi che ancora vi sorgevano: «belli et vaghi giardini, pieni con molto ordine di cedri, limoni, naranzi, et altri frutti gentili [...] ruscelletti di chiare acque mormorando soavemente [...] alcune isolette artificiosamente attorniate dalle dette acque coperte sempre di verdi herbette».

I religiosi cristiani, con la fondazione delle prime Comunità Monastiche nel 400 e 500, rivalutando il lavoro manuale, realizzano chiostri fruttiferi con meli, peri, peschi, mandorli e, attorno al complesso religioso, sorgono vigne, uliveti, frutteti e orti che ben presto si trasformano in poderi modello.
Ma, sebbene la riscoperta del giardino in periodo medievale può dirsi opera dei religiosi, il suo successivo sviluppo è soprattutto laico. 
Nell'anno 1000, Carlo Re dei Franchi dà vita al Sacro Romano Impero: è l'inizio di una lenta ma costante ripresa economica. 
Nel "Capitulare de Villis vel de Curtis imperatoris" - una raccolta di prescrizioni e consigli sulla costruzione e manutenzione delle proprietà imperiali - si suggerisce che i giardini e i broli siano cinti da siepi o muri, che all'interno ci siano fiori e ortaggi, piante aromatiche e alberi da frutto. 
Sono evidenti le influenze orientali, desunte dalle tradizioni di Bisanzio e Bagdad dove al tempo si fondevano le esperienze arabe, persiane e greche.

La fama di queste realizzazioni si sparge in tutta Italia ma solo in Toscana trova un ambiente pronto a recepire la nuova tendenza.
Radicandosi sui colli della Firenze comunale il giardino si laicizza tornando a essere luogo di svago e di ozio intellettuale come ai tempi della Roma imperiale. Così i piccoli giardini e gli aranceti di religiosi e privati sorti entro le mura si ampliano scegliendo ubicazioni sempre più amene. 
L'esempio classico è quello descritto intorno al 1350 da Boccaccio nel Decameron, un giardino che si ritiene fosse ubicato presso l'attuale Villa Palmieri, sulle pendici di Fiesole: «fattosi aprire un giardino che di costa era al palagio, che tutto era da torno murato, se n'entrarono [...] Esso avea dintorno da sé e per lo mezzo in assai parti vie ampissime; e tutte allora fiorite sì grande odore per lo giardin rendevano [...] Le latora delle quali vie tutte di rosai bianchi e vermigli e di gelsomini erano quasi chiuse [...] Quante e quali e come ordinate poste fossero le piante che erano in quel luogo, lungo sarebbe a raccontare [...] Nel mezzo del quale [...] era un prato di minutissima erba [...] chiuso dintorno di verdissimi e vivi aranci e cedri [...] Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con maravigliosi intagli».

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Via Giuseppe Maria Emiliani, 54 - Fognano (RA)
Tel. 0546.85075

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